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Il registro italiano del country code .it

di Andrea De Bonis

Durante i primi anni novanta, il sistema sovranazionale di gestione dei domini in Internet ( DNS, cioè Domain Name System (1) vide aumentare esponenzialmente la registrazione degli indirizzi IP richiesti dagli utenti di tutto il mondo in cui l’informatica era più sviluppata. Questo fenomeno comportò notevoli problemi operativi alla IANA ( Internet Assigned Numbers Authority, l’ente che allora se ne occupava, poi sostituito dall’ICANN (2), Internet Corporation for Assigned Names and Numbers ) tanto che, con un’innovativa decisione politica, delegando le sue funzioni solo per la registrazione dei Country Code (3), sollecitò tutti i competenti organismi nazionali (4) a costituire degli uffici di registrazione dei domini interni agli Stati. Verso il finire del 1993, la ISO ( International Organization for Standardization ), iniziava a richiedere agli enti che la rappresentavano in numerose Nazioni (al fine di diffonderne le norme tecniche universali; in Italia, l’UNI e l’UNINFO ), di far attuare le regole Iso 6523 (5), riguardanti l’istituzione di un registro dei domini nazionali, che nel nostro Paese avrebbe impiegato il suffisso .IT.
Il 26 gennaio 1994, la UNINFO ( associazione che si occupa delle normative informatiche, in particolare ) viene incaricata dal Ministero delle poste e telecomunicazioni di formare un gruppo di lavoro avente il fine di applicare le Iso 6523, denominato “Uninfo-Gl” (6). Verso la fine dell’anno vengono costituite due “autorità”: la NA ( Naming Authority ), inizialmente composta dagli esperti del gruppo ITA-PE (7), avente funzione normativa di regolamentazione delle registrazioni dei domini, e la RA ( Registration Authority ), che avrebbe svolto funzioni di gestione del database di tutti gli indirizzi con suffisso .IT e di risoluzione arbitrale delle controversie nate sull’assegnazione dei domini ( le cui sole competenze tecniche erano già precedentemente espletate dallo IAT, più tardi denominato IIT ). Nel 1997, considerata la grande crescita della mole di lavoro della NA, si decide di costituire un organo più complesso, nel cui statuto si sarebbe posto rimedio ai problemi di efficienza lamentati. Nelle discussioni del gruppo vengono fuori due distinti orientamenti: chi avrebbe auspicato una NA le cui votazioni interne sarebbero state di tipo politico, cioè con un peso maggiore per chi deteneva un maggior numero di registrazioni, e chi la voleva conservare quale ufficio tecnico, con assegnazione di un voto per testa ( questo orientamento è prevalso ). Il 2 ottobre 1998 viene approvato lo statuto, e la NA si costituisce sottoforma di associazione senza scopo di lucro e senza personalità giuridica, con un Presidente ed un Comitato esecutivo eletto annualmente, e solo in parte, dall’Assemblea.
Tra le prime attività di naming, vi è la riforma del vecchio regolamento, che viene completata nel dicembre del 1999. Alcune importanti novità riguardano la semplificazione delle procedure di assegnazione e della relativa documentazione, e la prima liberalizzazione dei domini, la quale passa, dalla possibilità per ciascun soggetto dotato di partita IVA (8) di registrarne uno, a quella di averne illimitati ( facoltà estesa altresì a tutti i cittadini europei ). La liberalizzazione, comporta però, oltre che una crescita esponenziale dei siti Web in Italia, anche il problematico fenomeno del cosiddetto “cybersquatting”, cioè l’uso di nomi e marchi (9) altrui ad opera di utenti non legittimati ( questo accade a causa della possibilità di vedersi assegnato un dominio secondo l’ordine cronologico della propria richiesta alla RA, senza nessuna valutazione di merito (10). Allo scopo di eliminare questo problema di matrice privatistica, la NA approva delle procedure di “riassegnazione”, in parte simili alle “MAP” dell’ICANN. Dal luglio 2000, data di entrata in vigore delle nuove regole di naming, il quadro regolamentare della NA risulta stabile, essendo stato modificato, sino ad oggi, solo in minima parte.
Al fine di chiarire i legami esistenti fra RA e NA, le loro funzioni e la regolamentazione dei domini per tutto il periodo transitorio fino alla scadenza del contratto con i providers ( prevista per il dicembre 2003 ), è stato concluso un “memorandum of understanding” ( MoU ). Dal suo testo, si evince che la NA è l’ente preposto alla formulazione di tutte le regole che si devono applicare per l’assegnazione dei domini ( in parte, uguali a quelle definite dall’ICANN ), vincolanti per la RA, per i manteiners e per ogni utente della rete. La RA, invece, cura la registrazione ed il mantenimento dell’archivio dei domini (11). Essa può rinviare al Comitato esecutivo della NA le norme che a suo giudizio appaiono difficilmente attuabili. In tal caso la NA deve tenere conto di tutte le proposte di cambiamento della RA. Quest’ultima ha facoltà di derogare alle regole di naming solo in caso di urgenza o per la sicurezza delle operazioni. L’avviso di tali deroghe va inoltrato al Comitato esecutivo, che deve ratificarle entro 15 giorni ( si applica il silenzio-assenso in caso di mancata ratifica ). Infine, si legge, la RA deve informare la NA di tutti gli accordi presi con terze parti ( ad es., sponsors, peering, SLA, ecc. ).
Come detto precedentemente, alla stabilità delle regole della Naming Authority non si è accompagnato un uguale equilibrio organizzativo della sua stessa struttura. Tale ente ha visto modificarsi rapidamente, così come accade per tutte le realtà legate ad Internet: da una formazione accademica, di esperti del settore, ad una integrata da soggetti commerciali ( quali i manteiners, cioè servers che offrono vari servizi agli utenti, fra cui la registrazione dei domini presso la RA, vincolati da contratto concluso con il Registro stesso ), sino ad arrivare alle partecipazioni del mondo politico, giuridico e di quelle dell’intera comunità del Web. La fase problematica delle multiformi proposte di cambiamento della NA si è protratta dal 2000 fino alla fine del 2003, risultando di una complessità enorme per quanto riguarda la comprensione delle vere cause che hanno portato alla sostituzione dell’associazione da parte di un nuovo ed unico organo del CNR ( inglobante tutte le funzioni che prima erano ripartite fra NA ed RA ). Paradossalmente, il buon funzionamento delle regole di naming ha contribuito a rendere sempre più debole la posizione della NA nell’ambito della governance del DSN italiano, la quale si è trovata delegittimata dalle stesse persone che la sostenevano inizialmente. Prima di tutto, la scelta statutaria di non concedere maggior potere di voto a chi avesse ottenuto più registrazioni, ha portato i manteiners (12) ( i quali partecipavano alle sedute del Comitato esecutivo ) a disinteressarsi della NA; oltre ciò, i nuovi membri del mondo giuridico, avrebbero potuto occuparsi meglio di loro di determinate questioni. Anche la causa finanziaria ha avuto la sua influenza sulle critiche sollevate contro la struttura della NA, se si rileva che, mentre fino al 1998 l’assegnazione dei domini era gratuita, nel periodo successivo, la fissazione di una tariffa, a copertura dei costi dell’ente (13), ha comportato nuove responsabilità per le ingenti entrate (14). Oltretutto, la RA si ritrovava esclusa dalla formazione delle regole che applicava, e, gli stessi manteiners avrebbero voluto riacquistare quel potere contrattuale che la NA toglieva loro con l’unilaterale formazione del contratto per gli utenti finali.
I primi tentativi di rinnovare i due organismi si sono verificati già nel 2000, quando il disegno di legge “Passigli” (15) ha proposto di trasformare la RA in ente unico della Pubblica amministrazione, dotato di potere regolamentare ( quindi le norme di naming non sarebbero state più privatistiche, con tutte le conseguenze di cambiamento di giurisdizione e di controlli statali ). La cattiva nomea di tale disegno è legata anche al fatto di aver urtato contro le linee direttrici della politica europea: l’Italia, infatti, sarebbe stata l’unico Paese in cui il Governo avrebbe deciso la disciplina di naming, situazione che le avrebbe potuto causare problemi nella futura adozione di Direttive (16) eventualmente contrastanti con la sua legislazione. Inoltre, si sottolineano, l’appesantimento delle procedure burocratiche e la mancanza di trasparenza per i periodi di transizione ivi stabiliti; tutti elementi che hanno determinato l’abbandono del “Passigli” e di tutti i progetti del Governo ad esso seguiti sino ad ora.
Più di recente, la strada che si è inteso seguire è stata nel senso di creare un ente unico (17) ma privato, al cui interno sia insediato un ufficio competente per le consulenze e la normazione. E’ stato pensato dai vertici della RA di cambiare in parte anche la composizione di questo ufficio di naming, sempre aperto alla LIC ( Local Internet Community ), ma restringendo le rappresentanze solo ai soggetti più importanti fra i manteiners e le istituzioni in generale. Un cambiamento a favore di un più accentuato dirigismo verticista, in cui si è altresì auspicato di sostituire il vecchio sistema di riassegnazione dei domini con una procedura arbitrale gestita interamente dal Registro, con le proprie regole. La volontà del Presidente della RA di far sparire il riferimento alla NA nel testo del contratto firmato con i providers ( pensato per la scadenza di esso, a fine 2002 ) ha causato la dimissione di tre membri del Comitato esecutivo, e, per molti mesi sono state ripetutamente procrastinate le riunioni dell’organo, con conseguente paralisi decisionale (18). Solo nel maggio 2002, questa situazione d’immobilità arriva a sbloccarsi. Alla fine dell’anno, però, il Presidente Denoth ribadisce nuovamente la sua proposta ( mai seguita fino al 2004 ) di delegittimare la NA nel contratto con i manteiners (19). A seguito di un comunicato stampa del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, del gennaio 2003, si annuncia la volontà di sostituire la RA con una fondazione denominata “Meucci” (20), l’ultimo disegno governativo che decadrà senza ottenere risultati.
Attualmente, seguendo il modello già presente in altri Paesi europei (21), si è costituito un ufficio di “Registro” unico, dotato al suo interno di una “Commissione per le regole”, e così, sono stati eliminati tutti i riferimenti al nome “authority” ( del resto, non sono mai state vere autorità indipendenti (22). La Commissione (23) ha assorbito interamente le funzioni di naming e le relative norme, le quali appaiono quasi del tutto identiche a prima ( ciò perché il loro contenuto ha permesso sempre un buon servizio di registrazione del nostro Country Code e delle procedure di riassegnazione ). Tale organo ha iniziato la sua attività nei primi mesi del 2004, ed ora, appartiene sotto ogni punto di vista al CNR ( infatti è parte del Registro, che a sua volta è ufficio dell’IIT ). L’idea di costituire un’associazione non è stata più presa in considerazione. Il Registro del ccTLD .IT è, come precedentemente, responsabile dell’assegnazione degli indirizzi Internet e della gestione dei database operativi. Esso si avvale di dipendenti pubblici assunti con contratto od altre forme di collaborazione definiti dai regolamenti del CNR. Il legame di delega che esisteva con la IANA e con l’ICANN è il medesimo; si basa su un riconoscimento “di fatto”, in quanto, tali organismi sovranazionali non hanno mai emanato un atto ad hoc, ma hanno fatto un rinvio nei loro database al nome del CNUCE ( che inizialmente gestiva i domini .it al posto della RA ). Tuttora, non vi è nessun altro documento normativo che legittimi l’istituzione di un nuovo organo interno all’IIT (24).
Il Registro si compone di 5 “Unità” che fanno capo alla Direzione generale, la quale viene coadiuvata da un Gruppo consultivo. In armonia con altre attività svolte dal CNR, la Direzione generale tende al raggiungimento dei fini riportati nei contratti sottoscritti con i manteiners, e coordina le seguenti Unità operative:
ORA ( Unità operazioni ), svolge le funzioni tecnico-esecutive di gestione degli archivi e di interrelazione con i servers;
SRA ( Unità sistemi ), cura le funzioni inerenti ai sistemi ed ai programmi informatici di assistenza al servizio delle assegnazioni;
RERA ( Unità relazioni esterne ), dirige il personale, tutela l’immagine del Registro ed offre informazioni all’esterno;
CRA ( Unità contestazioni ), segue gli aspetti legali e le controversie nate sulle assegnazioni;
RIRA ( Unità relazioni internazionali ), partecipa alle riunioni degli organi del DNS extra-nazionali.

I problemi di configurazione giuridica di cui soffrivano prima le authorities italiane ( per via della mancanza di una legittimazione espressa, a causa della costituzione in associazione (25) della NA, e per la ripartizione delle funzioni fra i due distinti organismi ) sono, attualmente, in buona parte sopiti. La principale disamina che si affronterà ora, riguarda la possibilità di esaminare le funzioni del Registro per inquadrarle nell’ambito dei servizi pubblici, alla luce delle normative italiana ed europea vigenti. E’ opinione comune di molti giuristi, identificare le competenze del Registro come servizi di “necessità generale”, dato che, l’ente de quo, detiene la posizione di monopolista “naturale”, in un settore quale Internet (26), che svolge pienamente una pluralità di funzioni pubbliche e appare di diffusione ormai globale nei Paesi più sviluppati. Da ciò ne deriverebbe l’assoggettazione di queste competenze ad alcuni criteri, quali la trasparenza e la correttezza, a garanzia della collettività ( se non anche, a quelli propri della P.A. citati nell’art. 97 Cost. (27).
Al fine di fugare ogni dubbio preliminare, si ribadisce l’assenza di ogni requisito che possa configurare il Registro come un’autorità indipendente ( quali, in Italia, quelle a garanzia della concorrenza, delle comunicazioni, e per la protezione dei dati personali ), in quanto, non v’è stato nessun provvedimento concessorio né alcun atto normativo disciplinante la sua organizzazione ed i relativi poteri regolamentari (28).
Presupposto che la soggettività del Registro (non disponendo di una propria ) è la stessa di quella del CNR, vengono in aiuto le recenti interpretazioni di tipo “oggettivo” (29) del Consiglio di Stato finalizzate alla definizione del pubblico servizio. Nell’ordinanza del 30 marzo del 2000, si legge: << Ai fini dell’individuazione dei gestori di servizi pubblici è irrilevante la sussistenza di un atto formalmente qualificabile come concessione >> e, inoltre, che << La nozione di servizio pubblico deve essere intesa nel suo significato giuridico potenzialmente più vasto, quale attività di qualsiasi natura connessa alla cura di interessi collettivi, sia essa svolta da soggetti pubblici o privati >>. Quanto riportato si è riferito all’interpretazione dell’art. 33 del D.L.D. n° 80 del 31 marzo 1998, intitolato “nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n° 59”, il quale devolve alla giurisdizione amministrativa ogni controversia vertente sui servizi pubblici ( individuati specificamente nella legge n° 481 del 1995 ). A riguardo del decreto legislativo citato, anche la Corte di Cassazione (30) ha argomentato che, preso atto della nozione oggettiva di servizio pubblico seguita, non deriva da ciò necessariamente che sia servizio pubblico ogni attività privata soggetta a controllo, vigilanza o mera autorizzazione da parte di un’amministrazione, perché così inteso, esso coinciderebbe con ogni attività rilevante per il diritto amministrativo. Da tutto ciò si evince che il servizio pubblico sarebbe caratterizzato da un elemento funzionale ( il soddisfacimento delle necessità della collettività ) che non si rinviene nell’attività imprenditoriale privata, anche se indirizzata e coordinata a fini sociali.
Asseconda l’orientamento giurisprudenziale (31) qui seguito anche una recente relazione del Consiglio di Stato francese ( avendo la Francia una situazione similare alla nostra per quanto concerne le attività di DNS, è utile citarla, se non altro per una integrazione ermeneutica ad abundantiam ), la quale afferma che i domini Internet sono una risorsa pubblica, e vengono gestiti secondo finalità di interesse generale. Inoltre, sottolinea che i registri del DNS debbano avere caratteristiche “internazionali”, tali da far loro rispettare il diritto generale della proprietà intellettuale.
Utile all’analisi che precede, risulta altresì quanto scritto nelle linee guida della IANA, secondo cui, tutti i registri statali esercitano un servizio pubblico in nome della comunità di Internet. Infine, alcune recentissime comunicazioni della Commissione europea sono nel senso di far rientrare le attività di registrazione dei domini nel più vasto genus del servizio di “interesse generale” (32).
Come corollario di quanto detto, un tale organo della P.A. sarebbe anche sottoposto alla normativa amministrativa per la trasparenza dei procedimenti. Il Consiglio di Stato ha chiarito più volte che anche le attività dei gestori di servizi pubblici rientrano nell’ambito dell’art. 97 Cost., e pertanto ritenendo che tutti i documenti generati da esse siano disciplinati dalla legge 241/1990. Riguardo al diritto di accesso a questi atti del Registro si rinviene un precedente del TAR laziale, del 28-2-2001, che recita: << il CNR quale organismo di diritto pubblico nei cui confronti trova applicazione la disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi secondo il disposto di cui all’art. 23 della legge 241/90 e successive modificazioni, va dichiarato obbligato a consentire l’accesso alla documentazione in suo possesso inerente alla registrazione di un nome a dominio da parte della Registration Authority italiana, operante nell’ambito di esso >>.
Deriva così da tutte le constatazioni fin qui svolte che:
il Registro non ha soggettività giuridica individuale ma è parte di un ente della P.A.;
la sua attività è un servizio pubblico;
secondo il combinato disposto degli artt. 33 e 35 del D.L.D. 80/1998, i ricorsi contro i suoi provvedimenti sono di competenza del giudice amministrativo;
tutti i suoi documenti ( eccetto quelli meramente privatistici che esulano dalle finalità pubbliche ) sono liberamente accessibili su domanda di qualsiasi cittadino secondo la legge n° 241 del 1990.
A riguardo delle problematiche giuridiche di cui risente il Registro, va menzionata la tesi (33) secondo cui tutte le attività di “numerazione”, nell’ambito delle telecomunicazioni, sarebbero di competenza dell’“Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”. La legge n° 249 del 1997 ( istitutiva di questo organismo ) ed il DPR n° 318 del 1997 attuativo della Direttiva n° 51 del 1997 ( sulla concorrenza nelle telecomunicazioni ), tracciano un quadro dal quale si potrebbe desumere una certa corrispondenza fra l’assegnazione dei nomi a dominio ed il potere di regolamentare i sistemi di numerazione ( le cui attività sono devolute alle autorità nazionali ). Da questa relazione, deriverebbe la gestione di tutti i sistemi del settore telematico ( creazione degli indirizzi IP ) da parte della suddetta autorità ( il cui ramo operativo si attaglia inevitabilmente come genus di quello telematico ). Per essere precisi, alla luce dei Decreti ministeriali del 1-7-1997, art 1, 2 e 3, e del 27-2-1998, art. 1, comma 1 in particolare, ( specificanti le norme tecniche e la definizione di “numerazione” ) l’analisi riportata appare essere superficiale. Ogni volta che in questi testi ci si riferisce alla numerazione, lo si fa con riferimento al settore della telefonia fissa o mobile, citando espressamente numeri e codici geografici non applicabili al sistema del DNS. Rinviando, inoltre, alle normative europee ed italiana che sono a monte ( di cui sopra ) l’unico riferimento che si fa alla parola “telematica” ha lo scopo di includere nel registro tenuto dall’Autorità delle comunicazioni i gestori di servizi (34) del settore de quo. Anche ammettendo che le telecomunicazioni in generale assorbano in sé la telematica, ciò non è elemento sufficiente ad annullare l’operatività di un organismo già vigente. Tale operazione andrebbe eseguita con un riferimento espresso, così come si è costituita l’autorità delle cui competenze si tratta. Nulla si cita, nei testi richiamati, di attinente alle attività di assegnazione domini, e ciò, probabilmente, a causa di quella vecchia forma mentis del legislatore, di annoverare nella definizione di “telecomunicazioni”, prevalentemente richiami al sistema radiofonico, telefonico e televisivo ( i cui rinvii, nei testi su menzionati, sono invece molteplici ).
A questo punto, è opportuno fare un inciso riguardo la comparizione del Registro davanti ai giudici. In diverse occasioni, la RA ( si usa questa denominazione per via del riferimento ai casi del passato ) è stata citata in giudizio, ma risulta essersi costitutita soltanto per quelle cause concernenti le sue attività, mai per quelle sorte fra un assegnatario di dominio e terzi contestatori della legittimità di esso. Nonostante ciò, il Registro ha visto comunque recapitarsi dei provvedimenti giudiziali (35) di cancellazione del dominio, i cui titolari non vantavano un giusto titolo. In alcune occasioni, i magistrati che se ne sono occupati, non hanno presupposto il litisconsorzio necessario, non citando neppure l’ufficio in questione. Secondo questa linea ermeneutica, non si è ritenuto esistere un “dovere” del Registro di attivarsi per cancellare o riassegnare i domini contestati, probabilmente a causa di alcune teorie seguite, che vedevano l’operato della RA al di fuori di ogni connotazione pubblica ( delle quali si è parlato in precedenza ). Altre volte, però, i giudici (36) hanno deciso che, pur in mancanza di litisconsorzio, il Registro avrebbe dovuto essere destinatario di un ordine di sospensione delle registrazioni effettuate, secondo l’art. 12 delle regole di naming. Si è di fronte ad incertezze giurisprudenziali ( riguardanti appunto le divergenti ordinanze citate e soprattutto le contrapposte teorie di configurazione del Registro ), causate dalla mancanza di regolamentazione del settore de quo. Ci si auspica una maggiore chiarezza nelle decisioni future ( sottolineando anche il limitato numero di casi giudiziari che si sono succeduti fino ad oggi ), e che siano tendenti verso un orientamento unitario.
L’ultimo problema giuridico che si va ad analizzare, nasce dalla possibilità di considerare il Registro come un’impresa, quindi in regime di concorrenza, situazione che ovviamente confligge con il suo ruolo di unico gestore di servizi presente sul mercato, nella sua attività di riferimento. Precedentemente, si è affermato che la funzione di registrazione di domini è un servizio pubblico, ma, secondo l’orientamento dell’Autorità garante della concorrenza ( seguito anche dagli organi dell’UE (37), si ha un’ “impresa”, ogni qual volta che, un soggetto di qualsiasi natura ( privata o pubblica che sia ) svolga un’attività economica tale da incidere sul mercato. Parte della dottrina che si è occupata di questa problematica propende per una impostazione del tutto privatistica, affermando che, il Registro dovrebbe essere assoggettato alla disciplina per la libera concorrenza secondo la legge n° 287 del 1990. Questa linea concettuale parte dal presupposto dell’esistenza di un corrispettivo pecuniario all’erogazione del servizio di cui sopra, che, secondo l’id quod plerumque accidit, sarebbe da considerare un vero e proprio prezzo (38) ( elemento indefettibile di qualificazione di una attività d’impresa ). La legge 287/90, intitolata “norme per la tutela della concorrenza e del mercato”, vieta le intese restrittive della concorrenza, l’abuso di posizione dominante e le concentrazioni economiche, al fine di attuare i principi dell’art. 41 Cost.. Essa, inoltre, adotta una nozione “allargata” d’impresa, comprendente anche quelle entità di tipo associativo, che pur non avendo uno scopo di lucro, siano costituite da persone fisiche che agiscono in qualità di imprenditori. Seguendo un’ottica critica, si vuole rilevare la quasi certa esistenza di un “monopolio naturale” nel settore delle registrazioni telematiche. “Naturale”, secondo la dottrina dell’economia pubblica, in quanto, il relativo mercato di appartenenza risulta essere limitatore dell’entrata di nuove imprese, a causa della stessa composizione delle infrastrutture (39), che, pur appartenendo a molteplici gestori privati di telecomunicazioni, alla base, trovano quelle regole tecniche del DNS sovranazionale ( di cui fa parte la funzione di assegnazione dei domini geografici .IT ) le quali non possono essere emanate che da un unico ente (40) per ogni territorio sottoposto a sovranità nazionale. Con ciò, non si vuol dire che sarebbe impossibile conferire ad una molteplicità di privati il servizio di registrazione ( sebbene ci siano ostacoli ad una perfetta concorrenza, tale settore potrebbe essere aperto alle imprese ): quello che si evidenzia è che esiste una inscindibile unione tra tale funzione pubblica e la normazione che se ne occupa. Questo potere regolamentare è, chiaramente, conferibile soltanto ad un organo dello Stato, e la delicatezza della stessa funzione di assegnazione ( e l’unicità del database per ogni Country Code ) ammetterebbe così soltanto una gestione “nazionalizzata”. Le stesse Iso e tutta la “normativa DNS” tendono verso questa concentrazione di funzioni, ma, si deve precisare che si tratta di un monopolio non “legale”, data l’assenza di un atto legislativo o regolamentare di tipo “concessorio”. Quindi, presupposto che il Registro eroga un pubblico servizio e che funge inoltre da organo di naming, risulta chiara la sua posizione dominante, la quale gli consente di stabilire delle tariffe che non sono veri e propri prezzi, ma “tasse improprie” ( secondo la definizione della scienza economica; del resto, come detto preliminarmente, tutte le entrate del Registro vanno a copertura dei costi del CNR, per cui non sono lucrative ). E’ proprio questa esigenza di interesse pubblico che ha fatto traslare la competenza dei registri nazionali nella sfera delle attribuzioni dello Stato ( incontrandosi con la disciplina dell’ICANN e degli altri organi di naming ), consentendo l’avocazione del registro italiano nella Pubblica amministrazione. Un “monopolio de facto” è ciò che scaturisce dall’insieme delle cose; dunque, sebbene se ne debba legittimare la sua natura giuridica con un atto concessorio, al momento, esso non consente la libera concorrenza per quanto attiene all’aspetto pubblicistico del fenomeno analizzato. Dall’altro canto, resta un libero mercato tutto ciò che pertiene alla prestazione di servizi e di beni nella rete ( comprese le infrastrutture ).


Note

(1) Per una completa disamina del DNS si rimanda a: SAMMARCO P., Il regime giuridico dei nomi a dominio, Milano, 2002, pag. 11 ss.
(2) L’ICANN si è sostituita alla IANA solo per quanto attiene le funzioni di registrazione dei domini di primo livello generici, quali COM, ORG, NET, ecc. Oggi, la IANA, è ancora una corporazione senza fini di lucro attiva per quanto riguarda le sue originarie competenze consultive e politiche.
(3)I Country Codes sono quei suffissi, riguardanti un territorio nazionale, che terminano sulla destra l’indirizzo di un sito del Web, quali ad esempio: IT per l’Italia, DE per la Germania, HU per l’Ungheria, JP per il Giappone, ecc…
(4) Già dal 1987, si occupava di applicazioni informatiche il CNR ( Consiglio Nazionale delle Ricerche ), un ente pubblico istituito nel 1923, competente per la ricerca scientifica. Con l’emanazione del D.L. 19 del 1999 viene definito nell’art. 1 come: << Ente avente personalità giuridica di diritto pubblico e si dota di un ordinamento autonomo in conformità alle regole stabilite dalle leggi vigenti o per quanto non previsto dalle precedenti leggi, al Codice Civile >>. In base a questo decreto, Il CNR può instaurare rapporti con organismi esteri ed internazionali, e, nell’ambito del perseguimento delle sue attività, può fornire servizi a terzi in regime di diritto privato. Tra questi ultimi vi è probabilmente quello di registrazione del Country Code, delegato allo IAT ( Istituto per le Applicazioni Telematiche ) formato nel 1997, ed avente sede a Pisa, che ha assorbito il personale del primo nucleo di esperti del settore, facenti parte del CNUCE ( centro nazionale universitario di calcolo elettronico ). Nel 2001, l’IIT ( Istituto di Informatica e Telematica ) si è sostituito allo IAT.
(5) Questa Iso, denominata Structure for the Identification of Organizations, riconosce il problema del rapido aumento delle registrazioni di indirizzi Internet, e stabilisce la creazione di “Registration Authorities” per facilitare lo scambio internazionale di informazioni telematiche. Numerosi autori hanno ritenuto che la suddetta normativa propendesse per la creazione di due distinte unità, una per la registrazione ed una per la relativa normazione. Non sembrano esserci riferimenti di questo tipo, anche se, l’Italia ha inizialmente costituito due uffici separati. L’Iso 6523 fornisce una serie di definizioni e di competenze, al fine di far identificare tutte le organizzazioni che riferiscono le norme del settore e quelle che sono preposte alla gestione dei database di tutti i domini contraddistinti dal Country Code.
(6) Facevano parte di questo gruppo esperti del settore, i quali collaborarono con la commissione TLC del Ministero. Si riunirono a Torino per tutta la durata del 1994.
(7) L’ITA-PE operava con una struttura di tipo aperto, nella quale chiunque avrebbe potuto entrare, e si riuniva a seguito di convocazione tramite posta elettronica. Le decisioni venivano prese senza votazione.
(8) Dall’agosto del 2004 hanno la possibilità di richiedere domini in numero illimitato tutte le persone fisiche, senza bisogno di requisiti di alcun tipo. Per ogni assegnazione, la RA percepisce € 4.91 sottratti all’importo che ricevono i providers-manteiners dagli utenti.
(9) Adesso, la giurisprudenza prevalente ritiene quasi sempre applicabile la disciplina sui segni distintivi, da estendersi per analogia ai domini. Alle volte, si è riferita all’insegna, mentre altre, al marchio commerciale. Si veda a proposito: Tribunale di Ivrea, 19 luglio 2000, in Rivista dir. ind. 2001, 177 ed ivi anche Trib. Brescia, 6 dicembre 2000, Trib. Prato, 19 agosto 2000, in Riv. Dir. ind. 2002, 51.
(10) La RA considera sufficiente la dichiarazione del richiedente “di non essere a conoscenza di motivi per i quali l’assegnazione del nome di dominio richiesto possa ledere diritti di terzi e di impegnarsi a non svolgere attraverso il medesimo, alcuna azione illegale”; è un atto obbligatorio, contenuto nella LAR, la lettera di assunzione delle responsabilità, da consegnarsi alla RA dopo la richiesta di ciascuna assegnazione. La LAR è quel espediente giuridico che permette alla NA di non accollarsi responsabilità a causa degli utenti privati, e di far acquisire vincolatività alle sue norme per via contrattuale.
(11) Gestisce il database chiamato RNA ( registro dei nomi assegnati ) secondo le specifiche ISO9834-1, RFC1591 ed ICANN ICP-1. La RA verifica inoltre la rispondenza delle richieste di assegnazione al Regolamento ed alle procedure tecniche.
(12) In effetti, mentre nel 1998 erano rappresentati l’80 % circa dei manteiners, nel 2001 lo erano solo il 10 %.
(13) L’IIT, in quanto istituto del CNR, e costituente al suo interno l’ufficio di Registro, non può generare utili, quindi tutte le entrate vanno a copertura delle spese. Tali entrate, dal 2002, hanno superato i quattro milioni di euro annuali, tanto che, al momento della decisione dell’ex Presidente della RA Franco Denoth di far sopprimere la NA cancellando il suo nome dal contratto dei manteiners ( in vigore dal 9 dicembre 2002 ), Assoprovider parlò addirittura di “colpo di mano” di quest’ ultimo dirigente ( ora direttore dell’IIT ).
(14) Questa è la serie di giustificazioni date da Enzo Fogliari, ex direttore del Comitato esecutivo, sul sito Internet: www.nic.it.
(15) Il D.D.L. Passigli è stato molto criticato perché teso a legare una realtà nata nella quasi totale democrazia, quale il sistema di DNS, ad un ambito di controllo governativo. Le sanzioni previste per eliminare il cybersquatting sembravano oltremodo esagerate, mentre, la definizione di dominio era connessa a quella di sito del Web, quindi molto riduttiva, dato che, un indirizzo Internet può anche individuare delle risorse di calcolo od un qualsiasi oggetto di tipo informatico. Inoltre, il DDL non consentiva di stabilire se la registrazione illegittima di un dominio venisse operata in buona o cattiva fede, in quanto si imponeva al manteiner una responsabilità per l’identificazione dell’assegnatario ( regola estesa anche per gli italiani richiedenti l’assegnazione di C.C. esteri ! ). Questo disegno di legge è uscito dall’ordine del giorno della XIII legislatura per via dello scioglimento delle camere, ed è stato seguito da altri progetti governativi molto simili, nessuno dei quali è stato approvato definitivamente in una legge.
(16) E’ doveroso ricordare, sempre in tema di Unione europea, che la direttiva n° 51 del 1997 ( di modifica alla n° 387 del 1990, ed alla n° 44 del 1992 ), liberalizzando maggiormente il regime delle telecomunicazioni, ha previsto l’obbligo di indipendenza dai governi nazionali di tutte le autorità del settore ( ed interpretativamente vi rientrano anche quelle del DNS ).
(17) A favore di un’autorità singola, si è sostenuto che essa comporterebbe uno snellimento ed una maggiore trasparenza delle procedure, eliminando le problematiche legate alle ripartizioni di responsabilità tra NA e RA.
(18) Queste diserzioni del CE si sono svolte nel 2001 e nel 2003, fino alla nuova e definitiva costituzione del Registro italiano. La prima serie, però, aveva un tono più drammatico, in quanto, l’unica assemblea andata a buon fine nell’arco di oltre sei mesi è stata quella che consentiva al Governo di riservarsi il dominio GOV.IT!
(19) La proposta includeva anche l’aumento del 100 % delle tariffe applicate ai providers, ed il computo dei proventi delle registrazioni in bilancio per 365 giorni e non più per anno solare ( la qual cosa permetteva di non contabilizzare circa la metà degli introiti per l’anno corrente! ).
(20) Anche per la “Meucci” vi sono state accese critiche, sia per la natura di fondazione, sia per il suo nome inadatto a rappresentare l’Internet che è piuttosto lontano dalla realtà del telefono ( di cui Meucci fu il primo inventore ). Tale fondazione avrebbe avuto un Consiglio di Amministrazione di 5 membri: tre designati dal Ministero delle Comunicazioni e due dal Comitato tecnico, ( l’organo di “naming” ). Il Consiglio avrebbe disposto di un veto sul secondo organo, mentre quest’ultimo, si sarebbe composto anche di membri designati dal ministero e dal Governo.
(21) Nel Regno Unito è attivo un registro costituito sottoforma di società senza scopo di lucro che assomma le funzioni di naming e di registrazione domini; si chiama Nominet-UK. Dello stesso tipo il registro tedesco DENIC. In Irlanda, il medesimo ufficio viene gestito da una rappresentanza universitaria di Dublino ( IEDR ). In Francia l’organo unico AFNIC vanta un’idea lungimirante per l’ottenimento di registrazioni legittimate giuridicamente: si è previsto il sottodominio Tm.int per i soli possessori di un marchio commerciale registrato. Infine, in Spagna, è operativo ES-NIC, anch’esso unico, ma facente capo al Ministero della scienza e tecnologia ( che ne stabilisce le regole per il dominio .ES ).
(22) Quindi, anche le denominazioni RA ed NA scompaiono definitivamente, sebbene quest’ultimo organo sia ancora esistente al mese di novembre 2004; ora si pensa di farlo consociare alla ISOC (Internet Society ), ma è sprovvisto di qualsiasi funzione normativa e di poteri di rappresentanza del CNR.
(23) La composizione di questo “ufficio interno” al Registro è cambiata sostanzialmente. Secondo il vecchio statuto associativo, esso aveva un’assemblea con il rispettivo presidente, ed un comitato esecutivo con a capo il proprio direttore. Erano parte dell’assemblea tutti gli iscritti della lista ITA-PE , e cioè, manteiners, persone fisiche e giuridiche ammesse consensualmente e gli esperti già appartenenti alla lista. Il Comitato esecutivo, a sua volta, era formato da 8 membri eletti dall’assemblea, 1 rappresentante UNINFO, 1 del Ministero delle Comunicazioni, 1 della RA, ed altri 4 membri opzionali da scegliere fra istituzioni dello Stato. Adesso, soppressi tutti questi organi e mantenuto solo il Presidente, la compagine meno “democratica” che individua la Commissione è così ripartita: 6 membri designati dalla LIC, due dall’IIT, 1 dal consorzio GARR ed altri, nel massimo di 5, che rappresentino non ben identificati organi dello Stato.
(24) Così da quanto riferitomi dall’ingegner A. Vaccarelli dell’IIT di Pisa.
(25) Come detto in precedenza, il Registro tuttora non gode di alcuna legittimazione; opera de facto. Ciò che causava pesanti dubbi alla dottrina, come anche alla giurisprudenza, consisteva nell’aver dato alla NA un assetto privatistico, senza farle riconoscere la personalità giuridica: ciò determinava incertezza, per quanto riguarda l’efficacia delle sue regole e per la sua legittimazione processuale e correlativa rappresentatività degli utenti della rete. Inoltre, dal punto di vista della teoria amministrativa, la situazione veniva complicata dall’influenza che l’espletamento di un servizio pubblico avrebbe esercitato sulla definizione stessa di associazione. E’ noto il caso similare della Banca d’Italia, anch’essa semplice associazione, ma dotata di potere regolamentare e soggetta ad una ben precisa disciplina statale che non le consente di essere incorporata nella gran parte delle norme del diritto privato. Alcuni autori e la Cassazione, in diverse occasioni, hanno ritenuto essere la NA un ente di gestione delle “cose comuni” ( considerata la sua compagine associativa eterogenea e vasta ), privo di soggettività giuridica, ma rappresentativo degli interessi di una comunità data. Così come nel condominio, l’assemblea della NA sarebbe stata rappresentativa delle esigenze di tutti i titolari di domini registrati, ma incapace di annullare l’individualità di ciascuno, con la conseguente possibilità di questi ultimi di agire personalmente in giudizio. L’autore propende per una visione pubblicista del fenomeno descritto, in cui, nulla togliendo allo statuto privato della NA, ma essendo le sue funzioni di carattere pubblico ( la normazione è strettamente connessa all’erogazione del servizio di registrazione ), si avrebbe una avocazione della NA nella sfera di competenza del giudice amministrativo ( del resto, RA ed NA sono inscindibili dal punto di vista funzionale; la seconda sarebbe convenuta nella persona del Presidente dell’assemblea, in quanto unico rappresentante legale ).
(26) nternet offre anche un gran servizio di visibilità commerciale e di scambio informativo per le pubbliche amministrazioni ed i cittadini; confermando grazie a ciò, la sua necessarietà nel mondo del lavoro di tutti i giorni.
(27) I principi del buon andamento e dell’imparzialità. Essendo il Registro indiscutibilmente parte del CNR, il quale è ente pubblico, sarebbe genericamente inquadrabile nella pubblica amministrazione ( il personale che il Registro impiega e le entrate che riscuote sono entrambe riferite all’IIT; i contratti stessi con i manteiners sono firmati dal Presidente di quest’ultimo istituto).
(28) Anche nella configurazione attuale del Registro come ufficio del CNR ( IIT ), non si può parlare di rango regolamentare delle norme emanate dalla sua Commissione. Il regolamento di quest’ultima la definisce organo consultivo e non legislativo. Inoltre, la maggior parte delle sue regole sono soltanto riprese dalle istituzioni sovranazionali del DNS, le quali non godono di nessun potere di vincolatività intranazionale. Infine, la L. 400/88, art. 17, sancisce che ogni atto regolamentare debba essere così denominato nella sua stessa intestazione.
(29) Con esse, si è sostituita la nozione di servizio pubblico ricavata dalla natura del soggetto esercente, c.d. criterio soggettivo ( sempre seguito precedentemente in Italia ).
(30) Sentenza n° 71 del 30 marzo 2000, in Foro italiano, 2000, I, 2211.
(31) Non è mancata una giurisprudenza contraria, le cui corrette argomentazioni partono da errati presupposti, riferiti al sistema del DNS di livello extra-nazionale. Mi riferisco ad alcuni provvedimenti dei Tribunali di Genova, Roma e Milano tra il 1997 ed il 2000, i quali trattano la RA alla stregua di un ente di diritto privato, a causa dell’assenza di normative statali di legittimazione, i cui atti non sarebbero quindi reclamabili innanzi al giudice amministrativo. Non solo si nega una qualche funzione di interesse generale, ma addirittura si considera la RA come un organo associativo! Probabilmente, l’idea che ha indirizzato i giudici in questa direzione non va accolta: affermare che un registro nazionale sia di tipo privatistico perché lo sono tutte le istituzioni che gestiscono il DNS a livello mondiale, manca di cognizioni di diritto internazionale ( non vi è stato nessun riconoscimento in Italia di quegli enti associativi sovranazionali, per cui, i loro atti non potrebbero essere vincolanti all’interno del nostro territorio ). Inoltre, la constatazione che la RA sia un’associazione, potrebbe nascere dal fatto di averla confusa con la NA ( l’unica ad avere uno statuto privato ) , ed anche se fosse vero, non potrebbe essere un requisito sufficiente al fine di farle eludere la normativa ed i controlli statali necessari all’espletamento delle sue funzioni di pubblico interesse. Concludendo, sebbene i pochi tribunali citati configurino un sistema di registrazione del tutto consensuale, in cui vige il principio dell’autogestione di cose comuni ( ed è prevista anche una procedura di pubblica contestazione ), non si possono dimenticare tutti i legami che stringono la RA al CNR: i dipendenti in comune, le entrate che confluiscono nel bilancio del secondo ente, e proprio quella mancanza di personalità giuridica, la quale non fa differenziare la RA dall’istituto che la contiene, e che le farebbe assumere la mera definizione ( secondo il diritto amministrativo ) di ufficio.
(32) La nuova Costituzione europea firmata a Roma lo scorso ottobre 2004 si riferisce ai servizi pubblici nell’art. III-55, 2° comma, disposizione che si coordina necessariamente con quelle degli artt. III-6 e III-144.
(33) E’ stata sostenuta la competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazione da parte di Monti A., e Ambrosini A., per citarne alcuni.
(34) Art. 1, comma 6, par. a .
(35) Ordinanze del Tribunale di Genova del 18 dicembre 2000 e del Tribunale di Torino del 23 dicembre 2000.
(36) Tribunale di Roma, ordinanza del 23 ottobre 2000.
(37) Ci si riferisce alla giurisprudenza più recente della Corte di giustizia europea, ed in particolare alla politica della Commissione, che nel 31° Report sulle politiche della concorrenza, afferma in modo generico, che la competitività dovrebbe essere presente anche nel settore degli enti di registrazione, al fine di impedire assegnazioni discriminatorie od abusive. La Commissione europea sta anche esaminando una serie di ricorsi contro i registri nazionali, fondati sull’art. III-51 della Costituzione.
(38) La tariffa che il CNR applica a seguito del servizio reso di affiliazione dei manteiners, tramite contratto, è di € 2500. Tale emolumento permette a questi servers di offrire al pubblico la mediazione ( adesso però, anche i privati possono stipulare un contratto direttamente con il Registro ) per le assegnazioni dei domini e relativi servizi informatici accessori, traendo un prezzo quale corrispettivo che è libero nell’importo e variabile in base alle politiche economiche di ogni manteiner. Da questo prezzo finale che pagherà l’assegnatario del dominio, € 4,91 saranno dati al Registro per ogni assegnazione singola effettuata ( si precisa però che nel corrispettivo dei € 2500 sono ricompresi i primi 60 indirizzi mediati all’utenza ).
(39) A differenza di molti settori economici, quello della rete richiede una elevata cooperazione fra i concorrenti. L’ingresso di nuove imprese le obbliga a farle connettere con l’operatore che gode di una posizione dominante. La disciplina comunitaria vuole che ogni accesso ad una infrastruttura tecnologica avvenga secondo i canoni della trasparenza e della non discriminazione, sulla base di tariffe orientate a “costi”.
(40) Questo perché tutte le funzioni normative rientrano nella sfera di sovranità statale o in quella di un ente superiore.

Inserito il 09/05/2005 | Nomi a dominio


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